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Almamegretta … Tengo l’uocchie chine ‘e tutti sti culure
- Strano
- Strano? Tu sei un critico severo!
- No strano come mi sentivo io mentre l’ascoltavo. Ero come una barca sbattuta in mezzo alle sue parole
Così Mario si rivolge a Pablo Neruda nel racconto di Skarmenta, nel momento in cui il poeta in riva al mare recita al postino una delle sue poesie.
“Pe’dint ‘e viche addo’ nun trase ‘o mare”… Inizia così il concerto degli Almamegretta. La voce non è più quella di Raiz, e su questo non ci piove. Ma Marcello Coleman ha uno stile tutto suo, singolare e deciso. Raccogliere sulle proprie spalle un’eredità vocale come quella degli Almamegretta deve essere un peso assurdo…! Eppure possibile, e perciò … il primo applauso è tutto per Marcello Coleman!
Ed eccoci allora attaccare con quella che per gli Alma probabilmente rappresenta una sorta di piccola poesia: “Si ‘a vita è suonno c’avimm’a fà? Cantammo pe’ ce sunnà ‘e campà” … proprio come il postino: in una barca cullati dai suoni di basso, dai sinth, dall’armonia in chiave dub che gli Alma diffondono in ogni angolo del pompeilab.
Giochi di luci, flash, telecamere e quei motorizzati che davano luce fin giù alla strada …
Che sarebbe stata una serata particolare lo avevamo capito dalle prime ore del pomeriggio: me ne stavo arrampicato in alto, sulla vasca centrale, a sistemare le interviste e alle mie spalle arrivavano i suoni del sound check: prima il basso, poi la batteria. Da soli, insieme … attacchi, stacchi … Iniziavo ad immaginare la scaletta mentre facevo a gara con il sole cercando di capire chi di noi due avesse abbassato lo sguardo per primo. Gara persa in partenza ovviamente …
Lo avevamo capito, dunque, della eccezionalità della serata, ma non avremmo probabilmente mai immaginato fino a che punto un mix di bassi, percussioni, luci, alberi, strutture post industriali, piantine di basilico ed allori, luci suffuse ai lati .. beh non saremmo riusciti ad immaginare quanto un’atmosfera potesse fondersi fra poesia, dub, onde e parole …
Dicitur … che sia facile autocelebrarsi. Che sia facile parlare di se stessi definendosi magari “poesia”. Non è vero. E’ una delle cose più complicate … è difficilissimo descrivere con le parole adatte una delle serate più intense ed emozionanti vissute da tre anni a questa parte. Chissà, forse le parole adatte sarebbero stati dei semplici puntini sospensivi … in modo che rimanessero immagini, ma tant’è …
“sento ancora addure
Tengo l’uocchie chine ‘e tutti sti culure
Me regne ‘o core stu paraviso
Ce manche sulo tu vicino a me!”
Alessio Arpaia
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