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I racconti di premiscelato: LA DANZA DELLA MORTE

Le tenebre tutt’intorno e i gli spintoni degli uomini armati.
I denti degli sgherri brillano nella notte come i loro fucili, mentre lo spingono a salire sulla barca insieme agli altri. Le loro armi puntate addosso e l’odore del mare.
Mohamed non l’ha mai sentito l’odore del mare.
Sale sul barcone e pensa al nonno. Pensa al vecchio e a quante volte da piccolo, gliel’ha raccontato il mare. Adesso nella notte, Mohamed, non lo vede. Ma domani mattina con la luce finalmente lo avrà davanti agli occhi.
La barca in fretta si riempie. Non ha l’aria per respirare ne un posto comodo per sedersi. Ma lui non ci pensa. Ha ancora in mente il nonno. Mohamed l’aveva salutato prima di partire.
Disteso sul letto. Ormai malato.

Carlo lucida il suo fucile.
Lo sistema come tutte le sere.
Come tutte le maledette sere da un anno a questa parte, da quando ha lasciato la campagna per venire in città e arruolarsi in marina. Ricorda ancora le parole del ministro quando era venuto a visitarli in pompa magna davanti alle telecamere.
Ma adesso i motori si accendono e l’incrociatore comincia ad allontanarsi dalla banchina.
Là tra le luci delle colline c’è casa sua. C’è la sua famiglia in un appartamento di edilizia popolare. Guarda quelle luci ondeggiare mentre arma il suo fucile.
Un’altra settimana fuori. In mare aperto.
Un'altra settimana a presidio delle coste e lontano dai suoi affetti.

L’alba illumina il mare.
Finalmente Mohamed riesce a vederlo. Azzurro e colorato come immagina il suo futuro. Come glielo aveva raccontato il nonno quando era piccolo.
I soldi per la traversata glieli ha dati il vecchio. I risparmi di una vita.
Ricorda come glieli aveva donati davanti alla madre, ai suoi fratelli più piccoli e alla foto sbiadita di suo padre. Come in una cerimonia solenne. A venti anni Mohamed ormai era diventato un uomo e doveva provvedere alla sua famiglia. Sarebbe partito per lavorare in Italia. Sarebbe andato dove c’è ricchezza. Dove il sole ti accarezza e non brucia la terra.
Il sole che sale, accende il mare di mille riflessi bianchi. Brillano come diamanti.
Brillano come gli occhi della donna che gli è seduta di fronte. Lo guarda e sorride mentre ha in braccio il suo bambino.
Il suo seno balla lento al ritmo delle onde.

Sul ponte dell’imbarcazione, Carlo guarda il mare.
Una distesa tutta uguale.
Uguale come i suoi giorni a bordo di quella nave. Come i suoi giorni quando è a terra.
Da un po’ di tempo è diverso stare con sua moglie. Il loro rapporto è cambiato. Sfiorarla non gli da più la stessa sensazione e lei ultimamente sembra sempre preoccupata. Troppo distratta.
La nave beccheggia sulle onde.
Lontano il mare cambia colore.
Diventa scuro come i suoi pensieri.

“Non ti deluderò nonno” - Pensa Mohamed. - “Non mollo. Anche se il sole mi ustiona la pelle e la lingua mi brucia. Ho sete, ma non ti deludo, nonno. Il bambino della bella signora continua a piangere. Ha fame, sete e forse sta male. Non riesco più di sentirlo piangere, nonno. Le sue urla mi entrano nel cervello.
Allah è grande, ma non lo vedo in questo deserto d’acqua. Dov’è il nostro dio, nonno. Non riesco a vederlo. E il bambino continua a piangere.
Allah è grande come il mare, nonno. Come queste onde che ci spingono in Italia.”

Carlo ha finito il turno di guardia al radar.
E’ seduto nella sua cabina e si tocca la fede al dito. La fa ruotare attorno all’anulare. Chissà cosa staranno facendo i suoi figli. E la moglie, adesso. Allunga la mano e beve dal bicchiere. Il vino gli confonde i pensieri.
In sottofondo sente il rumore dei motori della nave che lo stanno portando sempre più lontano. Lontano dal cuore della sua sposa. Lontano dai capelli profumati dei suoi bambini. Non ha scelta tra quel lavoro di merda e il mutuo da pagare.
Il vino rosso danza lentamente sul fondo della bottiglia. Il suo sapore è diverso da quello che faceva con suo padre in campagna. Ci sente dentro la puzza della città.
Nausea e voglia di gridare.

Dondola Mohamed. Dondola.
A metà strada tra il mare turchino e la puzza dei morti.
Allah è grande, come questo fottuto mare di cui non riesce a vedere la fine. Dondola il barcone trasportato dai flutti. Il tanfo della morte e le grida della bella donna. Adesso non ride più mentre lui la guarda. Grida mentre i barcaioli gli strappano il bimbo dalle mani. Non piange più suo figlio. E’ morto da molte ore, ormai. Glielo portano via e lo buttano in mare. Lo buttano giù come è successo a quel vecchio che è morto questa mattina.
Mohamed vede il piccolo galleggiare nell’acqua. Ha gli occhi aperti.
La luce del tramonto colora come di sangue le onde.

Carlo è fuori sul ponte. E’sera, ormai.
Respira a bocca aperta la brezza fresca ed è attaccato con le mani alla balaustra.
Alza gli occhi mentre la luce della luna si specchia sui cannoni dell’incrociatore. La nave gli sembra una lancia che taglia le onde. Milioni di euro spesi per portare la morte. Per dare la caccia agli ultimi.
Carlo ritarda a rientrare al suo posto sul radar. Il solo pensiero di individuarci un barcone di clandestini e poi di dover salire sul ponte della nave per le operazioni di recupero, gli da il voltastomaco.
Li ricorda tutti i barconi che ha visto in acqua. Ammassi di carne soffrente che galleggia su rottami di legno. Ce li ha ad uno ad uno impressi nella mente i loro visi da animali braccati. Lo sguardo terrorizzato dei bambini e quello vuoto dei vecchi.
Ma deve rientrare al suo posto.
Mentre fuori nella notte la nave sfila su un mare d’argento.

“Ho paura.” – Pensa Mohamed – “Ho paura, nonno. Ho fame, ho sete e voglio tornare a casa. Chiudo gli occhi così non la vedo la notte. La puzza della morte non la distinguo più da quella di questo mare nero. Vorrei riaprire gli occhi e trovarmi a casa. Tra le braccia di mia madre e le grida dei miei fratelli. Ma adesso sono un uomo, nonno. Il nostro dio non c’è più nel buio della notte. Forse se n’è andato e ci ha lasciati soli. Vedo lontano solo una luce. Mi sembra una montagna che cammina,
che balla sulle onde. “

Carlo torna di guardia al radar.
Il vento della notte gli ha alleviato la sbronza. Pensa alla sua casa e poi a quella del ministro.
Nella città dove vive adesso, a pochi passi dal mare quel porco ha una villa immensa. La usa per pochi giorni all’anno. Nuovi pensieri gli frullano adesso nella mente. Carlo si è arruolato pensando di servire lo Stato ma quella notte si sente solo uno strumento nelle loro mani.
Ha gli occhi sul radar e negli occhi lo sguardo dei suoi figli. Non sono differenti da quelli dei piccoli clandestini.
Chi è il nemico ? Chi deve combattere ?
Nel radar lampeggia qualcosa, ma stanotte Carlo diserta. La sua guerra finisce lì. Al diavolo il ministro e i suoi discorsi del cazzo. Al diavolo la città e le sue miserie. Adesso sa cosa deve fare. Deve ritornare nel suo paese in campagna. Deve vedere i suoi figli crescere e l’uva dorarsi pian piano alla luce del sole. Deve ritornare a lavorare la terra. A sudare per assaporare il gusto dei frutti dei suoi alberi e la dolcezza del viso della sua donna.

La barca beccheggia tra le onde causate dall’incrociatore che si allontana. Va via e non si ferma.
A Mohamed sembra un gigante che scivola lontano scomparendo sul mare nero.
Ce l’hanno fatta. Non li hanno visti dall’incrociatore.
Forse all’alba Mohamed finalmente sbarcherà in Italia e forse troppo presto si accorgerà che non c’è niente di bello ad accoglierlo.
Solo ingiustizie e sfruttamento. Come al suo paese.
Si accorgerà presto che suo nonno aveva sbagliato. E forse non riuscirà neanche più a vederlo per dirglielo. Ma adesso è felice e piange, mentre abbraccia un suo compagno.
Infondo e’ ancora vivo.

Questa notte sul mare Davide ha battuto Golia. Ma domani non andrà così.
Il mare si tornerà a tingere del sangue degli ultimi.
Di coloro che rischiano la vita per calpestare una terra che non li vuole.
Pigiati in zattere decrepite.
Cuori e cervelli.
Polmoni e sangue.
Sogni e speranze.
Semplicemente esseri umani.
Ma li chiamano clandestini.


Premiscelato

Agli ultimi,
perché non saranno mai
neanche penultimi
se non si incazzano
e combattono.

A chi ha il coraggio
di cambiare
e non ha paura di
partire, forse anche
per sempre.

A chi parte
ma non arriva.



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