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Speciale Teatro: La vera Napoli non è quella dei grandi festival
Agostino Riitano, ideatore e direttore di “Eruzioni Festival” è un uomo intelligente, a tutto tondo, che non le manda a dire a nessuno. Capace di offrire uno sguardo d'insieme generale e, allo stesso tempo, approfondito sulla condizione e sullo stato del teatro contemporaneo italiano, è un direttore artistico che conosce bene la situazione in cui versa il teatro a Napoli e che non cede a pressioni politiche e a compromessi. Lo intervisto sulle poltrone blu del bellissimo auditorio del Museo Archeologico Virtuale per parlare soprattutto dei retroscena del “suo festival” e sapere cosa significa “fare teatro” in una città come Ercolano.
Quando è nata l'idea del festival?
Cinque anni fa, vincendo una borsa di studio della Cassa Risparmio di Torino. Ercolano è un luogo di frontiera, una città che sembra rimasta ferma agli anni '50, con i suoi vicoletti e le sue atmosfere un po' retrò, e il nostro intento è quello di portare il teatro contemporaneo per strada e non fare “teatro di strada”. Ne è stato un esempio lo spettacolo presentato a Pugliano, dove il teatro ha portato tante persone al famoso mercato e sia i bambini che gli adulti hanno potuto assaggiare un momento d'arte veramente unico. Inizialmente le istituzioni di Ercolano non ci hanno chiesto tante spiegazioni, sono stati disponibili e il luogo ha caratterizzato il 'naming' del festival. Il nucleo del progetto è gestito da persone nate e cresciute su un vulcano, il che significa vivere quotidianamente l'esperienza dell'ultimo giorno, un movimento magnetico che ci ha segnato.
L'edizione 2009 ha scelto come sottotitolo "Futuri futurismi. Il limite della performance" e ha introdotto delle novità.
Eruzioni è un festival che si rivolge ad un segmento molto preciso di teatro, indipendente e contemporaneo, che non riesce a trovare spazio nei luoghi del teatro istituzionale ma, spesso, nemmeno nei teatri di innovazione a causa della mancanza di fondi. Per questo vuole sfruttare il successo dei festival, intesi come momenti d'aggregazione; abbiamo ripreso quest'idea per cercare di creare un qualcosa che vada oltre il teatro. Il titolo di quest'edizione è un chiaro riferimento al manifesto futurista e sottolinea il coraggio nell'affrontare il punto limite nell'arte, nel cinema, nel teatro e nella scrittura. Abbiamo quindi creato una commistione di generi per noi del tutto nuova, dato che per la prima volta Eruzioni ha affrontato un percorso articolato fra cinema, musica, teatro e art-performance. Quest'anno abbiamo voluto prestare maggiore attenzione al momento dello spettacolo, differenziandoci, in un certo senso, dagli anni passati in cui ci si concentrava maggiormente sul workshop. Abbiamo così ridimensionato i workshop per portare in Campania 34 eventi, 14 prime e il debutto di Lenz Rifrazioni.
Il teatro, oltre alla ultra-citata crisi economica, sta vivendo anche una crisi culturale. Come la si sente a Napoli?
La crisi è generalizzata ed è presente anche nel territorio campano. Napoli è sempre stata una città “cantante”, che sapeva alzare la voce, ma oggi è afona. In questo momento di grande difficoltà, invece di stimolare la creazione artistica, si producono progetti mastodontici che magari attivano economie ma non sono certo “economie dell'arte”, e non hanno niente a che fare con la città. Nel substrato di Napoli c'è ben altro: c'è un brulichio che deve uscire allo scoperto e che non può essere schiacciato dalle grandi rassegne. Ecco, la scelta politica di Eruzioni è portare il teatro in periferia, fuori da Napoli. Una proposta che ci ha premiato, visto che sono venute persone da Ancona, Roma e Milano per seguire le nostre performance: a dimostrazione del fatto che proponiamo qualcosa di nuovo guardando, nelle produzioni, al territorio. Anche questo significa “fare festival”: essere una macchina produttiva che muove cose.
Francesco Bove (klpteatro)
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