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E' morto Eric Rohmer
Jean-Marie Maurice Scherer, in arte Eric Rohmer, è morto! Aveva 89 anni. Il noto regista francese, classe 1920, tra i maggiori esponenti della Nouvelle Vague, è l’artefice di opere fondamentali come Il raggio verde, Racconti delle quattro stagioni, La mia notte con Maud, Il bel matrimonio, Il ginocchio di Clara, L’albero il sindaco e la mediateca, Un ragazzo … Tre ragazze, La marchesa Von O (premio speciale della giuria a Cannes). Professore di letteratura, esordisce a ventisei anni, con lo pseudonimo di Gilbert Cordier, con il romanzo “Elizabeth”. Negli anni Cinquanta è stato insieme a Godard e a Rivette tra i fondatori della scuola critica da cui nacquero i Cahiers du Cinema; negli anni Sessanta è stato produttore e regista; negli anni Settanta ha avviato una nuova carriera da professore cominciando a tenere seminari e corsi di cinema, mestiere che ha svolto fino “alla fine”. Il suo cortometraggio d’esordio, “Diario di uno scellerato”, è andato perduto ma la sua carriera, le sue scellerate esperienze cinematografiche (24 film in 50 anni), sono semplicemente storia … del cinema vero. Su di lui sono fiorite molte leggende, come quella per cui non avrebbe mai rivelato all'amatissima madre il suo vero mestiere di cineasta continuando a fingersi professore di scuola; nessuno, però, è mai stato in grado di attribuirgli un pettegolezzo, una malizia, una cattiveria. Nel 1977 ha avuto il suo più alto riconoscimento con il Gran Premio della Cultura in Francia, mentre alla fine degli anni Ottanta ha raccolto in volume, col titolo 'Il gusto della bellezza' i suoi principali saggi critici. A chi gli ha chiesto quali fossero i suoi maestri sulla via del cinema, ne ha ricordati solo due: Murnau per l'idea dello spazio e Mizoguchi per il racconto del quotidiano. Sono quasi tutti giovanissimi i fragili eroi dei suoi film, ragazzi colti nelle passioni di ogni giorno e trasformati con stile inimitabile in modelli letterari osservati con l'occhio di un grande pittore. Negli ultimi anni Rohmer ha scoperto la natura, ha trasferito la sua cinepresa nel sud della Francia, ingentilendo la freddezza da entomologo del suo sguardo e permettendogli di sperare all'unisono con i suoi adolescenti in cerca dell'amore.
"In realtà tutto il cinema che vedo, come tutta l' arte che mi passa sotto gli occhi costruisce la mia ispirazione. Ma il problema vero è non fermarsi alla rappresentazione della vita, bensì andare a cercarla dove nasce veramente, nelle chiacchiere dei ragazzi, nei brividi del cuore, nel formarsi di un' idea".
"Non accompagno mai i miei film in pubblico perchè penso non abbiano bisogno di spiegazioni e perchè il cinema non è tutto il circo che gli si forma intorno. Per continuare a farlo ho bisogno di vivere la mia vita, entrare nei musei, passeggiare in campagna"
A cura di bardamù
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