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Speciale Musica: Whitetree – Cloudland
Che potrebbe accadere in uno studio di registrazione se si incontrassero Ludovico Einaudi e i To Rococo Rot? Uniscono i propri percorsi musicali e registrano “Cloudland”. Sembra quasi incredibile ma è così. Già la collaborazione di Einaudi con Fresu fu spiazzante, almeno per quanto mi riguarda, ma sembra quasi assurdo che un minimalista possa dividere l'aria di uno studio di registrazione con un gruppo di elettronica. Ma avranno qualcosa in comune Einaudi e i fratelli Lippok? Sì, una vena eclettica inconfondibile. Basta questo per poter realizzare un lavoro dignitoso.
“Cloudland” non sperimenta nuove strade, riprende temi e sonorità già affrontate da Sakamoto ma è raffinato e di una bellezza che incanta l'ascoltatore. Si parte con un pezzo new-age e si prosegue con l'ipnotica “Kyril” in cui si evince l'anima malinconica di Einaudi e il tocco elettronico pulsante dei fratelli berlinesi. Si cerca ostinatamente un equilibrio tra la musica contemporanea proposta da Einaudi e le sfumature elettroniche, equilibrio che non si riuscirà mai a trovare. Ciò che non va in “Cloudland” sono le linee melodiche tratteggiate dal pianoforte di Einaudi troppo banali e infantili, ripetitive e già ampiamente affrontate. Non voglio mettere in discussione la bravura del pianista torinese ma è da anni che propone sempre la stessa musica apportando solo qualche leggerissima variazione, come nel caso del progetto “Whitetree”. “Cloudland” è un lavoro prestigioso, affascinante, curato ma semplicistico. L'album è teso, trasparente e riprende le atmosfere di un racconto di Amos Tutuola in cui viene criticato lo stile di vita freddo e glaciale che si è insinuato nelle nostre esistenze. “Cloudland” è intenso e, nonostante la preminenza del pianoforte di Einaudi, porta a compimento il suo obiettivo. “Tangerine” è forse l'episodio migliore dell'album, si sente di più il lavoro dei To Rococo Rot che non viene usato come sfondo ma va ad interagire con il suono del pianoforte di Einaudi.
Non ci sono sconfinamenti, i Whitetree non osano più di tanto, non c'è un'evoluzione ma si resta sempre sulla stessa lunghezza d'onda, quasi come se si avesse paura di andare oltre. Se non siete fan di Einaudi e vi avvicinate a questo progetto con curiosità e con la mente sgombra da possibili riferimenti musicali, vi posso assicurare che rimarrete colpiti da quest'album sia per l'immediatezza delle melodie ma soprattutto per il gusto nello scegliere effetti e suoni al momento opportuno. Solo così potete godere delle piccole emozioni che “Cloudland” sa regalare, altrimenti sarà per voi l'ennesimo disco ambient per case vuote e desolate.
Francesco Bove
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