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Si rinnova l’appuntamento con il Teatro al Pompeilab con la Rassegna FuoriScena 4 spettacoli domenicali dal 15 Febbraio ore 19:00
In programma il 15 Febbraio Candido, vincitore del bando nazionale "Holden" promosso dalla "Scuola Holden" fondata da Baricco. Uno spettacolo che racconta il sogno spezzato da una prematura morte bianca, coperta da silenzio e indifferenza. Candido, giovane emigrante muratore di 29 anni irpino, sceglie coraggiosamente di allontanarsi dalla sua amata e monotona terra, dalla famiglia, dai coetanei alla ricerca di una vita migliore, di un lavoro onesto ma allo stesso tempo disonesto.
Il 22 Febbraio Fabula Nera ci proietterà nello scenario della rivoluzione napoletana del 1799 sfondo per una storia di conflitti e incomunicabilità che dominano Napoli ieri come oggi. Una lazzara e un giacobino, figure completamente diverse ma specchio di un’unica realtà. Due mondi a confronto, due facce della stessa medaglia che percorrono lo stesso tempo, la stessa storia ma ne danno due versioni differenti.
Il 22 Marzo con Che Fare? continua il viaggio nell’Italia del Sud in un universo contadino arretrato culturalmente ed economicamente, schiacciato passivamente dai potenti che gli negano il diritto all’acqua, al voto. Quando i “cafoni” prenderanno coscienza della loro condizione si domanderanno Che fare?. Un’ esortazione a non subire ingiustizie e a riacquistare dignità umana.
Fuori Scena si concluderà il 29 Marzo con Mascara e Menta (E sciò! Ma 'sta gonn!?) ambientato in un teatro racconta la storia di uomo e una donna che si sentono privati della propria libertà. Un soffocamento che li porterà a spogliarsi, a struccarsi dalle loro parti inadatte. La società, come se fosse un impianto spettacolare, dove a regnare sono l'obbligatorietà a proseguire il cammino intrapreso, lo sfruttamento delle proprie capacità per fini economici, la sensazione sempre più diffusa di essere fuori posto e di assolvere il ruolo di meri accessori, fa di noi delle marionette private di ogni capacità di agire: degli attori che non agiscono. Concepito per incitare i più restii a osare, a sentire quella voce che ci dice "E fai questo!", e a gettare in aria i consigli del regista e di uscire dalla storia che ci impongono di raccontare, i monologhi sono una riflessione su come le istituzioni e le strutture di sublimazione e di persuasione usano gli stessi strumenti della rappresentazione.
Rassegna FuoriScena
Domenica 15 Febbraio ore 19:00 – Candido
regia di Marco Luciano, testo di Ermanno Battista interpretato da Gaetano Battista
Domenica 22 Febbraio ore 19:00 – Fabula Nera
regia di Luca Sangiovanni interpretato da Chiara Vitiello e Luigi Credendino, Musiche dal vivo di Valerio V. Bruner
Domenica 22 Marzo ore 19:00 – Che Fare?
diretto ed interpretato da Enzo Scipione
Domenica 29 Marzo ore 19:00 – Mascara e Menta (E sciò! Ma 'sta gonn!?)
di e con Camillo Acanfora
Domenica 15 Febbraio ore 19:00 – Candido regia di Marco Luciano, testo di Ermanno Battista interpretato da Gaetano Battista
Candido nasce da un lungo viaggio di memorie dove l’Irpinia d’Oriente è la sede principale: un luogo di pace, di silenzio, di lunghe schegge di tempo che rendono immortali le giornate, ma anche luogo di misteri, dove un senso spettrale vige come forma emotiva per l’osservatore.
Questi sono gli elementi emotivi che hanno portato all’analisi accurata dei luoghi, dove il testo ha trovato le sue radici in un passato, in un presente e in un futuro pieno di preoccupazioni e continui collassi temporali che distaccano alla lunga il Sud e il Nord. «Candido – spiega Gaetano Battista – nasce dalla voglia di gridare in maniera cruda tutte le incongruenze che legano un lavoratore alla sua voglia matta di lavorare e di farlo alle condizioni da lui prestabilite, senza cadere in schemi di lavoro in cui il lavoratore non è tutelato in caso di incidenti sul lavoro. È la vicenda che crea gli eventi, quella di Candido Scoppettuolo, muratore irpino di 29 anni di origini calitrane. Un giovane – continua Battista – che si allontana dalla sua famiglia perché ama il suo mestiere, il muratore, e soprattutto perché desidera aiutarla economicamente».
Candido, che in scena è già morto, racconta la sua vita da dannato. Racconta la sua storia comune a tanti giovani meridionali: emigra nel nord Italia, in quella Trieste così lontana dalle sue origini, dalle quali egli vuole scappare, per dimostrare ai suoi coetanei, alla sua famiglia e alla sua gente che è un uomo coraggioso in grado di scegliere una vita migliore. Ed è proprio l’emigrazione a essere uno dei punti focali della rappresentazione. Muovendo da ciò emerge la differenza tra nord e sud, una costante che surclassa le menti e le allontana dal ricordo di appartenenza alla stessa nazione. Candido racconterà da morto la sua morte prematura, per un lavoro onesto ma altrettanto disonesto da farlo volare dai tetti che ha tanto amato.
Quella di Candido è una delle tanti «morti bianche». Tema dal quale muove questo spettacolo per raccontare la vita di un giovane irpino sfruttato dal suo stesso lavoro per cercare una vita onesta. «Ma Candido – conclude Battista – serve soprattutto a far riflettere, a far smuovere, a far eccitare le passioni emotive dei nostri luoghi, delle nostre culture, usando un mezzo, quello teatrale che già lega in sé mito, rito, territorio, passione, forza carnale e sacrale nata dalle viscere della terra dell’Irpinia d’Oriente».
Già vincitore del bando nazionale "Holden" promosso dalla "Scuola Holden" di Baricco, presentato in anteprima all'"Home Festival" di Bisaccia nel 2011.
Domenica 22 Febbraio ore 19:00 – Fabula Nera regia di Luca Sangiovanni interpretato da Chiara Vitiello e Luigi Credendino, Musiche dal vivo di Valerio V. Bruner
Lo scenario della rivoluzione napoletana del 1799 diventa sfondo per una storia di conflitti e incomunicabilità che dominano Napoli ieri come oggi. Una lazzara e un giacobino. Due facce della stessa medaglia che sembrano destinate a non incontrarsi mai. O forse chissà…
Sullo sfondo di una Napoli in rivolta all’alba del XIX secolo, si muovono due figure completamente diverse, ma specchio di un’unica realtà: da un lato un giovane borghese, votato agli ideali di uguaglianza e libertà,
espressione della classe colta e pieno d’iniziativa, dall’altra parte la bella lazzara, volto del popolo e voce dei bisogni e della necessità della Napoli che soffre la fame e vive di stenti. Due mondi a confronto, due
facce della stessa medaglia che percorrono lo stesso tempo, la stessa storia, ma ne danno due versioni differenti.
Domenica 22 Marzo ore 19:00 – Che Fare? diretto ed interpretato da Enzo Scipione
L'opera è tratta dal celebre romanzo di Ignazio Silone "Fontamara"
L'attore e regista, metterà in risalto, attraverso un monologo energico, accompagnato dalle musiche originali del testo, curate dal maestro Marco Massaro, la disperata esistenza dei 'cafoni' cioè di quei contadini che abitavano in un Italia meridionale di inizio novecento, fortemente arretrata.
Senza allusioni e sottointesi mostrerà con quanta facilità i potenti di turno, riusciranno a raggirare gli abitanti del paese, con il solo uso della parola, privandoli così di ogni diritto, dall'accesso all'acqua alla libertà di voto. Tematiche queste di straordinaria attualità per far cogliere agli spettatori l'universalità del messaggio di Silone, cioè quello di lottare anche con gli strumenti della cultura affinché la vita sia migliorie per tutti e soddisfare perciò la fame di giustizia dell'uomo.
Infatti, proprio quando i cafoni diverranno coscienti della loro condizione si chiederanno che fare? E non a caso la rielaborazione del regista metterà come titolo questo interrogativo, come monito ad attivarsi, a non subire più ingiustizie e a riacquistare la dignità umana, consapevoli di dover soffrire poiché, come diceva Silone stesso "il dolore non sia più vergogna ma diventerà nome di rispetto e forse anche di onore".
Domenica 29 Marzo ore 19:00 – Mascara e Menta (E sciò! Ma 'sta gonn!?) di e con Camillo Acanfora
In un teatro accade l'imprevisto. Un Uomo. Una donna. Due storie che si intrecciano e come filo in comune il rifiuto e il sapore dello sbaglio in bocca.
Alternandosi tra il corridoio delle quinte e le pareti di un camerino, 5 monologhi ritraggono il malessere di una scelta: l'inadeguatezza, la nullità, la perentorietà, lo sfruttamento e la consapevolezza di essere usati per un fine spietato.
Più che essere una riflessione sulla vita come un grande spettacolo, l'osservazione si sposta su come i meccanismi teatrali possono essere adoperati dalla società per plasmare gli uomini. Siamo sempre noi a volere la nostra parte nel mondo? Questa parte ci garantisce una presenza? Molte volte accade il contrario.
Il regista che ci coordina non sempre coincide con la nostra voce: ci soggioga, perché a dominare è il pensiero secondo cui "La storia è così". Giocando sul binomio corpo/camerino e sulle nostre voci come il vero regista, inteso come la nostra capacità di auto-realizzarci, la dimostrazione vuole chiedersi: rip-osare o osare? La risposta è scontata: osare e perfino essere osé. Il finale però lo è meno. La gonna che ci veste, l'abito che siamo costretti a indossare, è il simbolo dell'incomprensione della nostra interiorità. Ancora una volta non abbiamo ascoltato. Il paradosso continua: attori che non agiscono e la catarsi che è destinata a non compiersi.
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