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FINTE DI CORPO.
Se per un poco di tempo abbiamo evitato di entrare nella bagarre inciucista che attualmente vede impegnati i cosiddetti comitati civici dell’area vesuviana (Mamme vulcaniche e Rete dei comitati vesuviani) insieme ai 18 sindaci-sceriffo dei paesi della ‘zona rossa’ tendente a voler coprire con una enorme cortina fumogena fatta di bla bla bla e chiacchiericcio le reali nonché disperate condizioni di salute del nostro territorio, non è stato per superficialità o inedia ma perché impegnati, nella difficile fase che stiamo vivendo, a riguadagnare spazio a valle, lo stesso spazio usurpatoci con la forza militare a monte non più di qualche mese fa. Comunque, dopo gli ultimi avvenimenti, non possiamo esimerci dal metter le mani nella marmellata: gli attuali tentativi di istituzionalizzazione del conflitto sociale, conflitto che per un anno quasi ha saputo determinare nuove prassi e produzione viva di coscienza in tali angusti luoghi di provincia, non solo mortificano la voglia di autodeterminazione emersa tra coloro che si sono opposti all’apertura ed all’utilizzo criminale dello sversatoio vesuviano, ma non intaccano per niente lo stato di cose presente. L’azione di fiancheggiamento che lor signori/e stanno mettendo in atto attraverso tavoli pseudo-tecnici e documenti più o meno sottoscritti, serve solo a legittimare una classe politica scopertamente affarista, collusa e mafiosa. Cosa, nei fatti, state chiedendo a questo manipolo di accattoni? Bonifica e chiusura della discarica Sari (…nel mentre il buco accoglie le ecoballe del 2003 e si accinge ad accogliere il tritovagliato di Tufino che qualcuno chiama ancora FOS); autorizzazione, dall’alto, a presidiare la famigerata ‘Rotonda’; incontri tecnici con i colonizzatori dell’A2a per comprendere come viene gestito il problema del biogas; richieste di campagne di comunicazione e informazione sulla raccolta differenziata (remember DL Ronchi del 1996?) a tempo più che scaduto; richieste di impegno in svolte culturali nella gestione economica dei rifiuti a chi sino ad oggi è stato artefice e complice dell’avvelenamento generalizzato dell’ambiente che viviamo (non ultimo lo sversamento criminale del percolato nel golfo di Napoli); richieste di maggiore vigilanza e controllo del territorio (ma non siamo già abbastanza repressi?); istituzione di isole ecologiche???; individuazione di soggetti del mondo dell’imprenditoria del settore del riciclo dei rifiuti eticamente responsabili (che fine ha fatto la legge del profitto?). Ma da quale pusher vi state servendo? In più, scioccamente, vi state facendo ipnotizzare da discussioni improbabili, e nel merito e nel metodo, (impianti di TMB a Torre del Greco, sito di compostaggio a Terzigno, ecc.) su altrettanto inattendibili tavoli interistituzionali. L’aver nuovamente cercato la complicità dei primi cittadini per ciò che concerne la possibile ripresa delle contestazioni mirate alla chiusura di Cava Sari ci sembra una cosa fuori dal mondo. Mentre vi affannate a trovare un linguaggio che vi saldi al potere amministrativo, state dimenticando che l’esperimento Terzigno (il ridimensionamento del buco per ciò che concerne la capacità in tonnellate di rifiuti e di comuni che possono sversare in loco) adesso riproposto, in modo formale, anche in altre aree della provincia di Napoli (vedi Piano d’Ambito per il nolano), è stato possibile grazie alla svendita della lotta che Langella, Borrelli, Auricchio e Cirillo hanno praticato su un tavolo di mediazione col governo fregandosene altamente della volontà popolare che chiedeva a gran voce la chiusura immediata del fosso maleodorante. Questo significa, per di più, che il modello imposto all’area vesuviana sarà esportabile e riproducibile anche per l’area acerrana, l’area nord di Napoli, l’area metropolitana di Napoli, l’area Domitio-Flegrea e l’area Penisola sorrentina, come nei piani della provincia. Chiaramente, ammesso che le altre comunità siano disposte a costruire sversatoi sul loro territorio, tutto ciò fa trasparire come il progetto per superare l’endemica emergenza rifiuti campana prevede sempre la stessa ricetta: nuove e capienti discariche ed altri inceneritori. E’ questo il luogo degli affari da cui difficilmente la lobby politico-imprenditoriale-mafiosa si allontanerà in nome di una ipotetica gestione sostenibile dell’ambiente. In tutto ciò cosa si nasconde sotto al tappeto del dialogo? Cava Sari è una discarica non a norma, costruita in area vulcanica, altamente inquinante, sovradimensionata, mal gestita, che contribuisce a distruggere quel poco di economia che esisteva (vedi coltivazioni di prodotti locali come le uve e le albicocche del Vesuvio). Anche analisi prodotte da tecnici indipendenti (ingaggiati dagli stessi sindaci) hanno dimostrato, senza ombra di dubbio, che le falde acquifere della zona sono avvelenate. Di che cosa, ancora, dobbiamo parlare? E con chi? Accecati da discorsi sviluppisti e tecnico infrastrutturali, vi siete persi l’obiettivo primario della mobilitazione (che va avanti dal 2007, per chi non ha memoria!) e cioè la difesa della salute delle attuali e future generazioni, la bonifica radicale e la salvaguardia, in autonomia, del territorio. Oggi, proprio noi che da quattro anni conduciamo una lotta serrata contro la discarica Sari e contro il Piano regionale dei rifiuti che prevede la costruzione di ulteriori inceneritori in Campania, contro l’uso improprio dell’emergenza che ha significato solamente creare le condizioni di controllo sociale (militarizzazione del territorio) per colonizzare economicamente il sud, cancellando anche quel residuo di stato di diritto che ancora sopravviveva (carcerazione preventiva e pene esemplari per gli oppositori a tale sistema di sciacallaggio), non possiamo non ribadire con forza che solo con la lotta e l’espressione sana del conflitto si possono costruire percorsi di trasformazione positiva dell’esistente. Solo con l’autorganizzazione dal basso possiamo rivendicare un nuovo diritto ad esistere sulla nostra terra, facendo tornare al lavoro la talpa che sgretolerà un presente fatto di precarietà, disoccupazione, emigrazione, privatizzazione di beni comuni e speculazioni legate alle grandi opere.
Movimento Difesa del Territorio Area Vesuviana
Collettivo Area Vesuviana
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